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Profughi afghani accolti a Modena e provincia: anche Gulliver coinvolta nell’accoglienza
Non abbiamo immagini che possano testimoniare la presenza delle mediatrici interculturali nei luoghi dell’accoglienza delle circa 100 persone fuggite dall’Afghanistan e giunte a Modena lo scorso 27 agosto, non solo perché tutto è avvenuto molto velocemente ma anche perché le mediatrici hanno chiesto esplicitamente agli organi di stampa di non essere né riprese né fotografate. Questa immagine è molto più eloquente, forse meno scontata e mi auguro permetta a chi legge di non soffermarsi sui contenuti che passano i mass media ma su riflessioni molto più profonde e che vanno oltre il concetto “Aiutiamoli, poverini”.
Siamo stati contattati dalla una delle nostre referenti della AUSL di Modena il 26 agosto: ci diceva che il giorno successivo sarebbero arrivate a Modena persone provenienti dall’Afghanistan e ci chiedeva quanti mediatori o mediatrici interculturali afghani avessimo. Zero. Come per altri luoghi del mondo, è molto complicato, quando non impossibile, trovare persone che possano diventare mediatrici o mediatori interculturali. Tralascio qui di dettagliare le competenze richieste per questo tipo di figura professionale perché in questo caso non era la priorità. 
Con un lavoro di squadra che ha visto coinvolti diversi uffici Gulliver, siamo riusciti a trovare, colloquiare e arruolare (il verbo non rappresenta una scelta casuale) 2 mediatrici di origine pakistana che parlano una delle lingue afghane, il pashtu, entrate in servizio il 27 agosto. Il loro lavoro si è concentrato sull’Hotel Concordia, a San Possidonio, dove circa 70 persone sono state ospitate e hanno trascorso l’isolamento necessario per chi arriva in Italia dall’estero nell’era del Covid 19. Le mediatrici interculturali hanno affiancato il personale medico, gli operatori del Comune, gli impiegati dell’hotel in tutte le comunicazioni con gli ospiti: dalla raccolta dei bisogni (abiti, medicinali, cibo), visite mediche, tamponi, vaccinazione contro il Covid19, prima ricostruzione delle identità fino al trasferimento in altre città della provincia e non solo (che sta avvenendo proprio in questi giorni). Piano piano tutte le persone accolte entreranno nei percorsi di prima accoglienza riservati a richiedenti asilo politico.
In corso d’opera siamo riusciti ad avviare una collaborazione anche una mediatrice interculturale iraniana, che parla un’altra lingua afghana (il farsi) e ha operato a Modena con le circa 30 persone ospitate all’Hotel Emilia.
E’ stata un’esperienza molto intensa per le mediatrici: in più di 180 ore di lavoro in 20 giorni senza nessuna preparazione e sull’onda dell’emergenza hanno saputo districarsi all’interno di ruolo professionale che di norma è delicato, complesso, richiede flessibilità e purtroppo sconosciuto agli operatori (nonostante ne facciano richiesta). Figuriamoci in una situazione di emergenza. 
E’ stata un’esperienza intensa anche per me: sono stata in perenne contatto (soprattutto la prima settimana) con ognuna di loro, mi hanno chiesto diversi suggerimenti su come gestire i rapporti con operatori e ospiti, sono emerse questioni delicate e intime su cui l’esercizio perenne era stare in bilico tra le regole che un ruolo professionale impone e la sfera umana che rischia di prendere il sopravvento in situazioni così fuori dalla routine.
Queste righe vogliono essere un modo per mostrare una delle attività svolte dal servizio di mediazione interculturale della nostra cooperativa e anche un modo per ringraziare tutti quelli che hanno collaborato, in particolare Bibi e Saeeda.
Il nostro lavoro si conferma essere maledettamente affascinante.